Prima una litigata in campo e poi una rissa sfiorata e subito virale sui social. E ancora: prima spettatori che prendono in giro giocatori e poi giocatori che, a stretto giro di posta, prendono in giro spettatori. Non ci siamo fatti mancare nulla nel secondo giorno della Ryder Cup di Roma. Tutto scaturito, manco a dirlo, per un pugno di dollari: l’americano Patrick Cantlay vuole essere pagato per giocare la Ryder Cup. La richiesta è inconcepibile e lui sceglie lo sciopero. Addirittura lo sciopero del cappellino. L’americano gioca senza cappellino e non lo porta nemmeno in allenamento.
Roba forte quella dello sciopero del cappellino che rischia di infiammare gli animi in campo e fuori nel terzo e decisivo giorno di gara a Roma.
A far venire a galla l’intera vicenda è stato Jamie Weir, giornalista di Sky Sport News. Secondo Weir il Team Usa sarebbe naufragato in campo anche in virtù di uno spogliatoio spaccato. Patrick Cantlay, numero 5 al mondo, ha chiesto da tempo di venire pagato per giocare la competizione di golf più importante mondo. Impossibile sapere se la sua sia una questione di principio o un’esigenza di natura economica. Secondo i dati del PGA Tour Cantlay nella stagione golfistica appena finita si è portato a casa un gruzzoletto di dieci milioni di dollari, sulla falsariga di compagni di Team come Homa e Clark. In passato ha vinto anche la FedEx Cup, una gallina dalle uova d’oro.
The spirit of the Ryder
Per chi non lo sapesse ciò che chiede questo giocatore è l’esatta antitesi di cosa è la Ryder Cup di golf dal 1927 ad oggi. Per un golfista la Ryder Cup è tutto: è il sogno di rappresentare il proprio Paese o il proprio Continente nella sfida contro l’altra metà del cielo golfistico. E’ onore e orgoglio, punto e stop. Non ci sono soldi in palio: chi la vince ha un posto nella storia ma anche chi la perde un angolino di quella storia se lo ritaglia.
In ogni modo, PGA of America versa ad ogni giocatore 200mila dollari da girare in beneficenza: chi ha tenuto il conteggio parla di 28 milioni di dollari finiti in opere di bene a 200 enti dal 1999. Nulla è previsto sul fronte europeo ma tradizione vuole che capitano e Team si facciano un regalo a fine Ryder. A Parigi Bjorn regalò ai suoi un Rolex.
L’idea clamorosa: lo sciopero del cappellino
Stando così le cose, Cantlay è in un tunnel senza uscita. Lui e il suo amico d’infanzia Xander Schauffele non si danno vinti e fanno di tutto per farsi notare. A settembre i due non hanno preso parte alla spedizione di Team Usa al Marco Simone per provare il campo. Non c’erano nemmeno mercoledì alla festa a Caracalla. Secondo Weir, nello spogliatoio al Marco Simone Ice Patty e Xander si siedono in un’area separata dal resto di Team Usa.
In un clima così decoubertiano, l’americano ha pensato bene di alzare il livello della protesta, lanciando lo sciopero del cappellino. Non lo porta in campo, non lo porta addirittura in campo pratica e nemmeno in qualsiasi altra uscita. Lo indossava invece all’ultima Presidents Cup, sfida biennale tra Usa e resto del mondo: l’evento è organizzato da PGA Tour e tutti i giocatori vengono pagati per esserci.
Il diretto interessato liquida tutto. “Non l’ho portato a Whistling Straits, non lo porto qua” ha risposto velocemente. Peggiore la versione del suo agente: “Non lo porta perché non c’è la sua taglia”. La domanda sorge spontanea: che testone ha Cantlay?
Cantlay nel mirino di social e tifosi
Il resoconto di Weir ha fatto il giro del mondo. Al resto hanno pensato i social. Al Marco Simone i suppoter hanno già scelto da che parte stare. Per tutto il giorno, al passaggio di Cantlay i tifosi si sono tolti il cappellino per sventolarlo in cielo all’indirizzo del giocatore Usa. “Hats off for your bank account” hanno intonato in coro migliaia di persone, incredule che un golfista possa puntare i piedi in Ryder Cup.
Cantlay ha fatto più o meno finta di niente ma in un paio di occasioni si è beccato col pubblico.
Poi il pasticciaccio brutto della buca 18 quando Ice Patty ha dimostrato la sua freddezza imbucando dalla distanza la palla decisiva, quella che ha dato al suo team la terza vittoria del pomeriggio. Mentre la pallina moriva in buca, Cantlay ha giustamente esultato. Meno giustamente lo ha fatto il suo caddie, Joe LaCava (per anni caddie di Tiger Woods) che si è messo a sventolare il cappellino in direzione del pubblico ma soprattutto in mezzo al green quando McIlroy doveva ancora giocare. Come se nulla fosse. Al punto che il nordirlandese ha dovuto espressamente chiedergli di spostarsi dalla linea di tiro. LaCava lo ha fatto a modo suo, scaldando gli animi.
A fine giornata McIlroy e il caddie di Cantlay si sono incrociati di nuovo e Rory non gliele ha mandate a dire, al punto che è stato decisivo l’intervento di Lowry a dividere i due. Tutti i dettagli della rissa sono online.
La battaglia dei cappellini è solo all’inizio, la sfida all’Ok Corral è prevista per le 11:59 quando Cantlay scenderà nell’arena della buca 1 per giocare il singolo contro il molto british Justin Rose.